ALZHEIMER: MALATTIA DELL’OBLIO

La malattia di Alzheimer (in breve AD da Alzheimer Disease) è un disturbo neurocognitivo. Si definisce disturbo neurocognitivo la compromissione di uno o più di uno degli aspetti che caratterizzano la padronanza neurocognitiva:

  • memoria;
  • attenzione;
  • apprendimento;
  • esecuzione;
  • linguaggio;
  • abilità;
  • comportamento.

Altri disturbi neurocognitivi sono:

  • Disturbo o demenza frontotemporale: gradualmente progressivo, è caratterizzato da modificazioni del comportamento e della personalità e/o del linguaggio. Di regola esordisce precocemente, dai 55 ai 65 anni di età;
  • Disturbo o demenza a corpi di Lewy: peggioramento cognitivo progressivo, inizialmente dell’attenzione e della capacità esecutiva. Inoltre allucinazioni visive e deliri, disturbi del sonno, Parkinsonismo. Caratterizza i pazienti un’importante sensibilità ai farmaci neurolettici. Non raramente coesiste con AD;
  • Disturbo vascolare o demenza vascolare: seconda causa di demenza nella popolazione anziana. Più comune nel sesso maschile, può manifestarsi a qualsiasi età, ma è nettamente più frequente dopo i 65 anni di età. A seguito di uno o più eventi ischemici cerebrali documentabili (RM/TC). Prevalgono decadimento dell’attenzione, della capacità di elaborazione ed esecutiva. Sono fattori di rischio: diabete-fumo-obesità-ipercolesterolemia-aritmie cardiache. La gravità clinica è minore in presenza di una migliore neuroplasticità. Può coesistere AD;
  • Disturbo da trauma cranico: segue un trauma cranico da “impatto” (brusco e importante movimento del cervello all’interno del cranio). Può aversi anche in caso di movimenti meno violenti, ma ripetuti. Solitamente dovuto a cadute, incidenti automobilistici, sport. Sintomi e gravità variabili;
    Abuso di sostanze/farmaci: la compromissione cognitiva può persistere anche dopo la sospensione prolungata delle sostanze/farmaci. Sono in causa per esempio cocaina-inalanti-anfetamine-oppiacei-ipnotici-ansiolitici;
  • Disturbo o demenza da infezione da HIV: la terapia antivirale ha migliorato molto l’espressività del disturbo. L’infezione si ha a seguito di rapporti sessuali non protetti o uso di droghe per iniezione. In Africa è comune la trasmissione perinatale;
  • Disturbo o demenza da malattia di Parkinson: si manifesta nel decorso della malattia, solitamente con apatia-allucinazioni-deliri- ansia marcata-disturbi del sonno-sonnolenza diurna;
  • Disturbo da malattia di Huntington: malattia di origine genetica. I disturbi cognitivi possono precedere i problemi motori (rallentamento dei movimenti-movimenti spastici). L’età media d’insorgenza è di circa 40 anni;
  • Disturbo da malattia da prioni: sono encefalopatie causate da agenti trasmissibili costituiti da proteine modificate dette prioni. Dimostrata la trasmissione inter-specie (malattia della mucca pazza). Si presenta con disturbi cognitivi e motori che tendono a progredire rapidamente.

AD è la causa più comune di demenza. Ha generalmente un esordio insidioso e un decorso cronico, gradualmente progressivo. Il primo sintomo è di solito la perdita della memoria recente: il paziente dimentica gli eventi vicini, è ripetitivo, non ricorda gli impegni, può risultare a tratti disorientato.
Con il progredire della malattia anche la memoria remota svanisce e il paziente è incapace di riconoscere perfino i famigliari. Inoltre risultano compromessi la capacità di giudizio, di risolvere i problemi semplici della quotidianità, di svolgere i compiti abituali. Spesso il paziente è apatico o esagera i caratteri premorbosi della personalità (per esempio aggressività, paranoia, ossessioni) o li modifica (per esempio soggetti controllati diventano impulsivi e violenti).
Più avanti subentrano disturbi dell’andatura, disfagia, incontinenza, mioclono, convulsioni.
Infine il paziente è completamente dipendente. Il rischio di complicanze, quali malnutrizione-disidratazione-malattie infettive- fratture- piaghe da decubito, è elevato.
Nelle forme lievi o moderate comuni la depressione, i disturbi del sonno e i sintomi psicotici.
La durata media di sopravvivenza dopo la diagnosi è di 10 anni. Questa, più che alla malattia, è dovuta all’età avanzata di gran parte dei pazienti, oltre i 75 anni, anche se può manifestarsi tra i 65 anni e i 74 anni.
Le forme precoci, circa il 5%, riconoscono spesso una componente genetica di “maggiore rischio, non di malattia certa”. La malattia è 2 volte più frequente nelle donne, in parte perché hanno una maggiore aspettativa di vita.

DIAGNOSI

  • Criteri clinici: hanno una buona accuratezza. Difficile distinguere AD da altre demenze. Sono possibili forme miste soprattutto con demenza vascolare e a corpi di Lewy;
  • Biomarcatori: bassi livelli di beta amiloide ed alti livelli di proteina tau nel liquido cerebrospinale. Ridotto metabolismo cerebrale misurato con PET;
  • RM: atrofia a livello dei lobi temporali e della corteccia parietale mediale.

CAUSE

Certi comportamenti dell’uomo, come violenza, cupidigia, intolleranza sono molto difficili da contrastare, ma AD è un problema di biologia che possiamo risolvere o almeno contenere.
Nell’Alzheimer l’attenzione è da sempre concentrata sui depositi di beta-amiloide che si trovano al di fuori della cellula nervosa e sugli aggregati neurofibrillari tau che si trovano all’interno della cellula nervosa o neurone. Amiloide e aggregati neurofibrillari, entrambi costituiti di proteine, determinano una perdita progressiva di neuroni e connessioni interneuronali fino alla atrofia cerebrale.
Di seguito una possibile interpretazione di quanto detto.
Come nell’organismo normalmente si formano cellule tumorali, normalmente si formano proteine anomale all’interno della cellula che possono, all’esterno di essa, costituire depositi. Perché si abbia tumore o la proteina anomala persista e interessi e/o colonizzi altre cellule deve realizzarsi uno sbilanciamento tra il sistema di difesa e smaltimento dell’organismo e la cellula tumorale o la proteina anomala.

Nel caso dell’Alzheimer lo sbilanciamento può aversi per:

  • Difetti genetici (gene APOE4);
  • Minore efficienza  del sistema di difesa e smaltimento e/o eccessiva produzione di aggregati neurofibrillari e amiloide (invecchiamento);
  • Infiammazione da diverse cause come infezioni virali non HIV, stile di vita insalubre, inquinamento (particolato nell’aria proveniente dai gas di scarico dei veicoli e da altre fonti), malattie croniche (diabete-obesità-dislipidemie-ipertensione);

PREVENZIONE

  • Neuroplasticità: è la capacità di adeguamento/compensazione del sistema nervoso a malattie, traumi, stimoli interni ed esterni. Grazie alla neuroplasticità nell’Alzheimer le componenti sane dell’encefalo possono supplementare quelle perse a causa della malattia, contenendo la sua espressività ed evoluzione.
    Una buona neuroplasticità si ha mantenendo costantemente attivi mente e corpo.
  • Menopausa: la menopausa comporta disturbi e cambiamenti del corpo dovuti al repentino calo degli ormoni estrogeni.
    Alcune donne presentano significativi disturbi cognitivi, in particolare della memoria e anche disturbi dell’umore, come malinconia o depressione. L’ipotesi che queste donne siano “più esposte” ad avere AD è suggestiva, anche se richiede vaglio e conferma. In tali eventualità la terapia ormonale sostitutiva (TOS) può essere indicata per il tempo necessario.
  • Sonno: il sonno stabilizza e incrementa le funzioni di percezione, apprendimento e memoria attraverso un’azione di riordino, selezione e realizzazione di “nuovi spazi” per le esperienze che ci attendono. Dormire male, come spesso si verifica con lo scorrere degli anni, può riflettersi negativamente sulle funzioni del cervello e favorire AD. Ricorrere a psicofarmaci è improprio. Possono essere utili per brevi periodi, ma per il benessere della mente altre strade sono da percorrere, come adeguata igiene del sonno e psicoterapia.
  • Alimentazione: diete restrittive o selettive non sono corrette se non vi sono precise indicazioni mediche. E’ indicato incrementare gli acidi grassi omega-3 e ridurre i grassi saturi. Utile l’alcol in quantità modeste, non vi sono, tuttavia, prove esaurienti che chi non beve alcolici debba iniziare a bere per prevenire la malattia.

TRATTAMENTO

Vengono impiegati gli inibitori della colinesterasi e la memantina. Il Ginkgo Biloba, specie per il Terpene in esso contenuto, ha dimostrato una buona efficacia. L’uso dei psicofarmaci andrà valutato attentamente caso per caso poiché tendono a peggiorare l’evoluzione della malattia. Chi si prende cura del paziente o caregiver (solitamente un famigliare) va consigliato e seguito per gli indubbi risvolti psicofisici negativi che il suo compito può indurre.

Tra gli omotossicologici trovano impiego:

  • Selenium compositum fiale;
  • Ignatia Heel compresse;
  • Lymphomyosot gocce-fiale-compresse;
  • Galium Heel gocce-fiale;
  • Embryo Totalis suis fiale;
  • Guna-Tryptophan gocce;
  • Guna-Melatonin gocce;
  • Guna-Serotonin gocce;
  • Guna-BDNF gocce;
  • Guna-CNTF gocce;
  • Guna-IGF1 gocce;
  • Valerianaheel gocce;

Altri terapeutici utili sono:

  • Gunabrain compresse;
  • Viusid bustine;
  • Nicetile compresse-fiale-sol os;
  • Tonicoguna;
  • Colostrononi bustine;
  • Micotherapy Hericium;
  • Micotherapy Reishi;
  • Micotherapy BM;
  • Flogisen capsule

Scelta, combinazione e dosaggi dei diversi farmaci indicati è prerogativa del medico.

23 gennaio 2021