DOLORE E SOFFERENZA

Il dolore è uno dei segnali, il più frequente, che il corpo invia quando la sua integrità è offesa.
Si definisce
nocicettivo se vi è compromissione, solitamente degenerativa e/o infiammatoria, di strutture – tessuti non nervosi.
Si dice
neuropatico se vi è lesione e/o disfunzione del sistema nervoso. È misto quando è nocicettivo – neuropatico.
Il dolore è
assai frequente motivo di consulto medico, si stima che una persona su quattro soffra di una qualche forma di dolore cronico non tumorale.
La sua terapia è
non raramente difficoltosa e deludente. Il dolore che non soddisfa le condizioni descritte è detto psicogeno.
È, sia ben chiaro, un
dolore reale, di difficile interpretazione e cura.
La sofferenza ha genesi dai mutamenti, anche severi, che il dolore, quando persistente, determina nel vissuto di chi lo ha. È infelicità, inquietudine, paura, limitazione e molto altro ancora. La sofferenza può aversi anche in assenza di dolore. C’è sofferenza, per esempio, quando una persona a noi veramente cara muore o nel caso di una sua grave malattia o quando da noi si allontana.
È ancora costante universale umana sofferenza sapere che viviamo per morire, penso la religione come la soluzione più antica per questa sofferenza. È la religione narrazione che dà senso alla vita e alla morte, assicura continuità oltre la morte, ha rituali di varia foggia, anche incredibilmente fastosi, ipnotici e catartici. È stata ed ancora è strumento di sopruso e prevaricazione. L’uomo, infatti, particolarmente abile ed efficace nel dare agli altri sofferenza, dolore e morte la adotta affermando di agire in obbedienza devota e nel nome del divino, divino che si mostra così partigiano e malevolo e non universale e caritatevole.
Il ragazzino palestinese della fotografia è Mahmoud Ajjour, mentre fuggiva da un attacco israeliano a Gaza City un’esplosione gli ha mutilato un braccio e reciso l’altro.
I nostri occhi stentano a soffermarsi sull’immagine. Ignorare, evitare, sviare, anche giustificare sono utili espedienti per sfuggire da ciò che può farci soffrire.

Fig.1: Mahmoud Ajjour fotografato dalla reporter Samar Abu Elouf

Alla fine scrivere di sofferenza e dolore lo avverto quasi sterile. L’immaginario che l’uomo occidentale egemone si è costruito intorno lo protegge e legittima, avere un dio tranquillizza.
Intorno, tuttavia, non mi sembra esservi reale felicità e compiutezza. C’è carenza di amore e l’orologio del tempo sembra aver invertito il verso delle lancette, indietro, molto indietro.

Silvestro A. Bevilacqua

12 maggio 2025