LA COSCIENZA COME FENOMENO PURAMENTE QUANTISTICO: UNA RIFLESSIONE SULLA NATURA DELL’UOMO

“Sono convinto che quando capiremo che la fisica quantistica non descrive la realtà esteriore ma quella interiore essa cesserà di essere incomprensibile

(Federico Faggin, Irriducibile, 2022)

Il 23 e 24 settembre scorsi al Teatro Verdi di Padova è andato in scena il festival della consapevolezza durante il quale è stato trattato il tema delle “CONNESSIONI”, che richiama, tra l’altro, una delle frasi celebri di Werner Karl Heisenberg – premio Nobel per la fisica nel 1932 per i suoi studi sulla meccanica quantistica: “C’è un errore nel separare le parti dal tutto, l’errore di polverizzare ciò che non dovrebbe essere atomizzato. Unità e complementarietà costituiscono la realtà”. Tra gli ospiti di rilievo, Federico Faggin, nel suo intervento Siamo esseri di luce ha spiegato la teoria della coscienza e del libero arbitrio, avanzata da lui stesso e dal fisico Giacomo Mauro D’Ariano, basata sulla fisica quantistica.

Fisico e imprenditore, Faggin è un pioniere nel campo delle tecnologie dell’informazione. Sono sue le invenzioni del microprocessore e del touchscreen, due tecnologie a tal punto rivoluzionarie che lo stesso Bill Gates una volta ebbe a dire: “Prima di Faggin, la Silicon valley era semplicemente valley”. Tra i precursori dello sviluppo dell’Intelligenza artificiale e delle sue applicazioni, ha scritto, tra gli altri, due saggi: “Silicio” e il più recente “Irriducibile”, nel quale spiega perché la fisica classica, dalla sua prospettiva scientifica, non è in grado di afferrare quel libero arbitrio che, oltre a dare senso alla coscienza, costituisce la “conditio sine qua non” per distinguere gli esseri umani dai robot.

Così come peraltro già evidenziato in un nostro precedente articolo (vedi “Dall’homo sapiens all’homo technologicus: siamo all’inizio di una nuova era?” pubblicato il 04/08/2022), concordiamo in toto con le conclusioni a cui è giunto Federico Faggin: l’intelligenza artificiale ha per certi aspetti capacità paragonabili a quelle umane, se non superiori, e ora sta diventando anche creativa, ma c’è e ci sarà sempre una differenza sostanziale tra l’uomo e la macchina che è proprio la coscienza, ovvero la capacità di sapere chi siamo e cosa facciamo.

IL RISVEGLIO DELLA COSCIENZA

«Ma la coscienza da dove viene?» questa è la domanda che si poneva il fisico/inventore mentre studiava le neuroscienze per capire se fosse possibile costruire un computer dotato di coscienza, ma per quanto si sforzasse in tal senso i risultati furono deludenti: impossibile convertire i segnali elettrici di un computer in sentimenti ed emozioni e viceversa.

Da qui la crisi più profonda.

Poi la svolta: nel dicembre del 1990, mentre era al lago Tahoe per le vacanze di Natale, si svegliò verso mezzanotte per bere un bicchiere d’acqua, tornato a letto, Faggin racconta di aver sentito: «un’energia fortissima emergere dal petto», un’energia «che era amore», che si manifestava come «un ampio fascio di luce bianca e scintillante, viva e beatifica, che sgorgava dal mio cuore con una forza incredibile».

Un’esperienza quella raccontata nel suo saggio “Irriducibile” che ha cambiato completamente la sua vita, che Faggin sintetizza con le parole del celebre poeta libanese Khalil Gibran: “Il risveglio spirituale è la cosa più essenziale nella vita dell’uomo, è l’unico scopo della sua esistenza”.

LA NUOVA SCIENZA DELLA COSCIENZA: UN RITORNO AL PASSATO?

Sorprendentemente, quindi, il vero spartiacque della vita di Faggin non è un’invenzione tecnologica, bensì un’esperienza che potremmo definire mistica. Da quel giorno decide di dedicarsi a tempo pieno allo studio scientifico della coscienza.

Non è facile comprendere cosa l’inventore del microprocessore intenda con “Scienza della coscienza”. La parola “coscienza”, nel suo significato più letterale, indica la “consapevolezza che il soggetto ha di sé stesso e del mondo esterno con cui è in rapporto, della propria identità e del complesso delle proprie attività interiori”. Alla luce di tale definizione, la definizione “Scienza della coscienza” appare, di primo acchito, come una contraddizione in termini: la scienza, infatti, si fonda su osservazione, esperienza e calcolo, mentre i concetti di anima, mente e coscienza (o consapevolezza) “trascendono” la realtà oggettiva, rientrando storicamente nel campo di indagine metafisico della filosofia e della teologia, nonché, più recentemente, in quello della psicoanalisi.

A ben vedere, però, il fisico vicentino pare voler riprendere temi e questioni dell’antico dibattito su anima e corpo, mente e cervello. Praticamente dalla notte dei tempi, tutte le culture, religioni e correnti filosofiche, ciascuna con le proprie peculiarità, adottano un modello secondo il quale l’uomo è composto da due parti distinte, due dimensioni: il corpo (oggetto materiale) e l’anima (oggetto metafisico autonomo ed immortale).

È la concezione nota come “dualismo metafisico”.

Il termine anima, dal greco ánemos “vento, soffio” compare per la prima volta in Socrate, indica la parte vitale e spirituale dell’uomo ed è per questo assimilato al termine “respiro” (esalato l’ultimo respiro, infatti, sopraggiunge la morte del corpo). Spesso il concetto di anima viene confuso con quello di spirito il cui equivalente in greco non è però “ànemos” ma “pneuma“: in realtà il primo è un concetto “orizzontale” appartenente a tutti gli esseri viventi, mentre il secondo esprime una prospettiva “verticale” della dimensione divina che va verso quella propriamente umana, ovvero la relazione tra Dio e l’uomo.

Nel pensiero moderno, è soprattutto con Cartesio che la nozione di coscienza e mente comincia a prevalere sulla nozione tradizionale di anima. L’uomo – egli dice – è costituito da due sostanze ontologicamente distinte e differenti: la res cogitans (mente, sostanza immateriale, pensiero) e res extensa (corpo, materia, cervello). Il suo “cogito ergo sum” indica l’esistenza della coscienza e, quindi, dell’Io. Per Jung la coscienza umana è «la manifestazione invisibile e intangibile dell’anima». Perciò il compito di «creare sempre più coscienza» diventa l’equivalente di riscoprire l’anima e di riprendere contatto con la divinità interiore.

Originariamente quindi espressione dell’essenza di una personalità, in epoca più moderna i termini anima, spirito, soffio e pneuma vengono identificati soltanto con la «mente» o la coscienza di un essere umano.

A partire dagli anni ‘80, le neuroscienze entrano prepotentemente in scena grazie allo sviluppo di innovative tecniche di brain imaging – che permettono l’osservazione diretta del cervello al suo interno e lo studio delle sue dinamiche a fronte di diversi comportamenti nonché ai progressi di genetica e biologia molecolare. La nuova scienza del cervello rifiuta pertanto una impostazione psicoanalitica e filosofica, diventando una disciplina autonoma. Nasce la teoria del “monismo”, in contrapposizione al “dualismo”, secondo la quale non esiste alcuna dicotomia fra mente e cervello, poiché indicano la stessa cosa.

Gran parte dei neuroscienziati ritiene che la coscienza – e dunque il pensiero, l’affettività e il comportamento dell’essere umano – sia una delle tante espressioni delle funzioni fisiologiche del cervello. Il quale è parte del corpo. Quindi, tutto è materia.

Resta però il fatto che a tutt’oggi non esiste una definizione di coscienza in grado di mettere tutti d’accordo, neanche tra gli stessi neuroscienziati, i quali non possono esimersi dall’ammettere che ad ogni nuova scoperta nell’ambito delle neuroscienze, o della biologia, ad ogni nuovo strumento tecnologico messo a disposizione dei ricercatori per scandagliare l’attività cerebrale, la complessità e la sottigliezza della coscienza si rivelano sempre più straordinarie. Né tampoco i successi ottenuti dalla genetica con il sequenziamento del genoma umano – accolto con entusiasmo all’inizio del millennio come l’equivalente secolare dell’anima – hanno contribuito a risolvere il mistero (si è scoperto che il genoma umano non è poi così speciale).

All’origine del mistero che ancora circonda la coscienza c’è l’esperienza soggettiva, quella speciale qualità del vivere cosciente che si può descrivere solo in prima persona. Per esempio, io trovo sgradevole il gusto del kiwi, tanti invece lo apprezzano; anche se incontrassi un’altra persona alla quale non piace questo frutto, mi sarebbe impossibile spiegarle con esattezza i motivi del mio disgusto, che comunque potrebbero essere diversi dai suoi. Analogamente, non posso spiegare a nessuno come percepisco il colore rosso, l’odore di un fiore, il suono di un pianoforte ecc. Per questa ragione, anche la coscienza è considerata un’esperienza personale.

Questo tipo di esperienze, specifiche della vita cosciente, sono conosciute come “qualia” e costituiscono una formidabile sfida per qualsiasi teoria scientifica della coscienza: la soggettività dell’esperienza cosciente mal si sposa con l’oggettività che la scienza esige.

UN APPROCCIO QUANTISTICO ALLO STUDIO DELLA COSCIENZA

Nei suoi saggi Faggin espone le ragioni per cui l’esistenza dei qualia e la stessa capacità di comprendere non sono spiegabili sulla base delle attuali teorie scientifiche: la fisica classica è deterministica e riduzionista e le sue parti sono separate e identificabili. Invece, la meccanica quantistica è olistica, e le sue parti sono i campi quantici, identificabili, ma inseparabili: sono “parti intero”, cioè gli aspetti identificabili di un universo indivisibile che l’autore definisce “UNO”.

UNO è la totalità di ciò che esiste, che ciascuno di noi porta dentro di sé, noi siamo parti intero di UNO, esattamente come ogni cellula del corpo è una parte intero del corpo che contiene dentro di sé il genoma dell’uovo fecondato che ha creato l’intero organismo, quindi contiene l’informazione fondamentale del tutto. Da UNO emergono enti coscienti che hanno coscienza, libero arbitrio ed identità. Si tratta di “sistemi” che hanno un’esperienza interiore fatta di qualia. Questi enti comunicando tra di loro conoscono se stessi e quindi UNO conosce se stesso attraverso le sue emanazioni.

In questa struttura concettuale l’informazione quantistica è la rappresentazione dell’esperienza di questi enti coscienti. In altre parole secondo Faggin la fisica quantistica descriverebbe l’interiorità della natura, mentre l’esteriorità della natura si sarebbe descritta dai simboli classici e condivisibili utilizzati dagli enti coscienti per comunicare tra loro.

I simboli rappresentano, però, una approssimazione, ovvero una riduzione della complessità della soggettività dell’esperienza cosciente, mentre l’informazione quantistica non è clonabile e non è riproducibile, si può solo conoscere da dentro. Per comunicarla si possono usare, appunto approssimando, simboli classici e condivisibili che rappresentano al massimo un bit classico per ogni bit quantistico che rappresenta l’esperienza cosciente.

Questo nuovo modo di concepire la realtà porta all’unione della scienza e della spiritualità, ovvero dell’interiorità e dell’esteriorità.

CONCLUSIONI

Quando l’uomo darà all’intelligenza artificiale il permesso di prendere decisioni al suo posto questa diverrà un pericolo per l’umanità.
Ma rimane il fatto che l’IA rappresenta solo l’aspetto simbolico della realtà, perché non può essere cosciente e la coscienza è un fenomeno puramente quantistico, che una struttura fisica come il computer non può contenere.

L’IA è pertanto solo simbolica, la semantica, il significato, l’interiorità non fa parte dell’intelligenza artificiale, ma fa parte di noi, non del nostro corpo, ma di chi siamo, perché noi siamo campi quantistici non siamo oggetti.
Perché noi siamo, viviamo ed esistiamo in una realtà più profonda dello spazio-tempo in cui esiste il nostro corpo e questo il motivo per cui sopravvivremo ad esso.

Ivan G. Solano

L’Autore, in sintonia con il fisico Federico Faggin, ci narra che coscienza e libero arbitrio appartengono alla fisica quantistica. Siamo esseri coscienti, entità quantistiche, che usano un corpo che agisce nel mondo. Si deduce che quando il corpo morirà continueremo ad esistere. Inoltre, semplicemente perché priva di coscienza, l’I.A. è altro dall’uomo, non deve preoccupare, se non per un suo cattivo uso. Tutto questo si può condividere, non condividere o dubitare. Scrisse Eugenio Montale: “certezze assolute, specialità dei non pensanti”.

23 ottobre 2023