Suicidio e autolesionismo

SUICIDIO
Può accadere di smarrire il senso della vita. In alcuni ciò può risultare così intollerabile da giungere a negare la vita e uccidere sé stessi. Questo vuol dire la parola suicidio: dal latino “sui caedere”.
Da un punto di vista psicodinamico il suicidio, non sempre, possiamo pensarlo come un’aggressività, una  violenza primitivamente diretta contro un oggetto d’amore perduto (una persona amata, un successo, un periodo della propria vita) e solo secondariamente contro di sé. In altre parole si cancella/punisce sé stessi per cancellare/punire l’oggetto amato negato.
Sigmund Freud afferma che il contenimento della violenza per gli esseri umani comporta un grande dispendio di energie. In definitiva in modo coerente e relativamente universale la possibile definizione di suicidio è “una condotta violenta di diversa genesi che ha luogo quando non si ha più energia positiva per contenerla”.
La violenza è retaggio antico, ubiqua e ambigua nella esperienza umana. C’è la violenza della quotidianità fatta di gesti e parole, quella “normale” della guerra, quella della povertà e della discriminazione. Tuttavia non contraddice quanto detto la riflessione di Jean-Jacques Rousseau secondo il quale l’uomo, come individuo, nasce buono, ma viene “corrotto” dalla società.
Indubbiamente per chi si suicida non vi è più “un tempo avanti”, non vi è “domani”, non vi è speranza.
Non la speranza come attesa passiva di qualcosa di buono che ci si augura (potrebbe già bastare per fermare il suicidio), ma come possibilità di recuperare ancora, perfezionando la propria storia trascorsa, la storia che verrà e con essa il senso della vita.

Le persone affette da depressione o da disturbo bipolare (condizione in cui si hanno episodi maniacali preceduti o seguiti da episodi depressivi o ipomaniacali) hanno un rischio significativo di suicidio. Sono a rischio di suicidio i soggetti con disturbi di personalità, in specie quelli con disturbo borderline e antisociale, gli schizofrenici, quelli con disturbi d’ansia e disturbi del comportamento alimentare.
È a rischio di suicidio chi: usa sostanze (alcol in particolare), vive nel degrado e nella indigenza, è oggetto di abusi, ha malattia invalidante, dolorosa, debilitante o potenzialmente letale. Questo al di fuori di una condizione depressiva / altro disturbo psichiatrico o in presenza di questi.
Il suicidio è più frequente tra i 45 e i 64 anni di età, ma può aversi in qualsiasi momento nel corso della vita, è molto raro prima dei 10 anni. Assai più comune nel sesso maschile, più frequente nelle donne il tentativo di suicidio. Si ritiene che tra le donne di età compresa tra i 15 e i 19 anni vi siano 100 tentativi di suicidio per ogni tentativo tra gli uomini di pari età. È sempre errato pensare il tentativo di suicidio come meramente dimostrativo, come accade. È un pregiudizio che può indurre comportamenti sbagliati e rischiosi da parte dei sanitari e delle figure parentali.
Fattori culturali e disponibilità di mezzi possono influenzare la scelta del metodo. Nei suicidi sono più spesso impiegati le armi da fuoco, l’impiccagione, l’avvelenamento o ci si getta da altezze variabili. Nei tentativi di suicidio è più frequente l’ingestione di farmaci.
Molto rari i sucidi di gruppo, rari gli omicidi/suicidi. Raramente alcuni adottano comportamenti che costringono altri ad ucciderli (aggredire per esempio agenti di polizia) o rinunciano, se affetti da una malattia potenzialmente letale, alle cure.
Si stima che i medici di base vedano in un anno almeno 6 potenziali suicidi. Il loro riconoscimento in termini di prevenzione è importante. Pazienti che confidano di “star meglio da morti” o di “non aver nulla per cui vivere” non andrebbero mai sottovalutati come non raramente accade.

AUTOLESIONISMO
Si presenta più spesso nella adolescenza, parimenti distribuito tra i sessi, può continuare per molti anni. Dopo i 20-29 anni tende a ridursi. Per porre diagnosi deve essere certa l’assenza di intenzionalità suicidaria.
Si ritiene essere un modo per  ridurre tensioni e ansia, di chiedere aiuto, di punirsi o di alleviare difficoltà interpersonali.
La pelle è il luogo prescelto. Più frequentemente viene impiegato un coltello, un ago o altro oggetto tagliente oppure la pelle viene bruciata con una sigaretta o la fiamma di un accendino. Le zone del corpo più spesso interessate sono gli avambracci e le cosce.
L’autolesionismo può accompagnarsi ad altri problemi, quali il disturbo borderline di personalità, il disturbo antisociale di personalità, i disturbi dell’alimentazione.
La possibilità che l’atto autolesionistico possa nel tempo divenire atto suicidario o tentativo di suicidio deve essere sempre considerata.

CONCLUSIONI
Il suicidio in caso di depressione può essere attuato in qualsiasi momento della malattia, anche in fase di risoluzione. Il trattamento ideale probabilmente consiste nel combinare farmaci antidepressivi e psicoterapia. Le persone vicine devono essere edotte sulla necessità di porre attenzione a quei cambiamenti, anche minimi, del comportamento del paziente che possono far pensare a una qualche ideazione suicidaria.
Il suicidio ha un significativo impatto emotivo sulle persone coinvolte. I famigliari, il medico, gli amici possono provare senso di colpa, vergogna e rimorso, ma anche rabbia nei confronti dello stesso suicida o degli altri. I sentimenti di colpa e dolore vanno curati, può essere opportuno un supporto psicologico e/o farmacologico.
Tra le persone a rischio di suicidio vi sono, come detto, quelle con disturbo del comportamento alimentare che risulta in forte aumento. Interessa soprattutto giovani donne.
Capire l’origine del disturbo alimentare è arduo
. Probabilmente nella gran parte dei casi esistono difficoltà nel passaggio tra la condizione infantile a quella adolescenziale e di giovane adulta. Vi è cioè un senso di inadeguatezza che si compensa nell’uso improprio del cibo, che è ricco di valenze simboliche e affettive, valenze che riportano inevitabilmente ai rapporti con la madre, prima nutrice.
Il comportamento autolesionistico non deve essere considerato con leggerezza. È in aumento, alcuni di coloro che lo praticano lo giudicano un’attività positiva e tendono ad eludere la terapia. In questi sembra assumere le caratteristiche di una vera dipendenza. Ha in comune con il suicidio il presentarsi nei disturbi di personalità e nei disturbi del comportamento alimentare. La psicoterapia è il cardine del trattamento e ha quale obiettivo importante quello di regolare le emozioni.
Una prevenzione del suicido e dell’autolesionismo è possibile: bisogna comprendere l’importanza di ascoltare ed essere disponibili per coloro che manifestano “segni” di disagio esistenziale.
Come Freud afferma colmare i figli di emozioni positive rende certamente più agevole il cammino lungo la strada impervia della vita.

12 aprile 2022