ANGINA E INFARTO – PARTE SECONDA

Il cervello ragiona a base di logica, il cuore ragiona a base di emozioni”

Rita Levi-Montalcini

Infarto del miocardio acuto (IMA)
Lo definisce la necrosi del miocardio (morte cellulare) che coinvolge un’area del muscolo cardiaco di estensione variabile. Lo sviluppo in profondità della necrosi (nello spessore del muscolo) distingue un infarto subendocardico o non transmurale (Fig.1) e uno transmurale (Fig.1).
Causa abituale di IMA è l’occlusione coronarica acuta (Fig.1), più spesso da trombosi, inoltre da embolia, vasospasmo, aterosclerosi coronarica importante e diffusa. Dissezione o aneurisma delle coronarie sono cause rare. Può precederlo un’angina instabile, un’angina stabile, un’angina stabile in crescendo. Come la diagnostica strumentale documenta vi è la possibilità che l’IMA possa aversi in presenza di occlusioni parziali non serrate (stenosi moderate) o in assenza di stenosi documentabili. In tale eventualità si parla di MINOCA (Myocardial Infarction with Non Obstructive Coronary Arteries). I MINOCA sono attribuiti a trombosi ed embolie parziali, vasospasmo, aterosclerosi coronarica contenuta. Possono intervenire quali fattori scatenanti che, comunque possono anche da soli determinare l’IMA: aritmie (variazioni patologiche del ritmo cardiaco), anemia, policitemia, ipertensione, ipotensione, sforzo o emozioni importanti, stress acuto o protratto, malattie croniche o acute, uso di cocaina, anfetamine, alcuni farmaci.
L’IMA può complicare l’intervento di bypass aortocoronarico (BPAC o CABG), quello coronarico percutaneo (PTCA o PCI) o essere dovuto a trombosi dello stent.
Per quanto sopra si intuisce che la gravità dell’IMA può essere quanto mai variabile.

Fig.1

Condizione, probabilmente meno rara di quel che si ritiene, da considerare nel contesto di diagnosi differenziale, è quella patologia che, con quella propensione a lavorare di fantasia che li caratterizza, i giapponesi hanno chiamato Takotsubo, cioè trappola del polpo. Colpisce quasi esclusivamente le donne, solitamente dopo i 50 anni di età, la paziente ha i sintomi dell’IMA. Le coronarie risultano sane, mentre vi è una alterata dinamica del muscolo cardiaco, segue stress psichici (paure-lutto-eventi emotivamente coinvolgenti anche positivi), per questo anche chiamata sindrome del cuore spezzato. Il cuore si presenta in sistole dilatato in alto e stretto in basso, aspetto che ricorda appunto il takotsubo, attrezzo da pesca che in Giappone viene impiegato per catturare i polpi. L’alterata cinetica del miocardio sembra realizzarsi come risposta ad un significativo e acuto incremento degli ormoni dello stress (cortisolo, adrenalina).
Il decorso e la prognosi è favorevole, tuttavia la malattia non va assolutamente sottovalutata per le possibili complicanze, tra cui anche l’IMA.

Di regola primo e principale sintomo è il dolore che ricorda quello dell’angina per carattere (morsa, crampo, peso), quasi sempre localizzato in sede retrosternale, la sua area d’interesse può estendersi fino a comprendere i lati del torace anteriormente e la parte più alta dell’addome. Il dolore può irradiarsi agli arti superiori, al collo e mandibola, alla regione scapolare. Diviene presto intollerabile anche per la sua durata, 1 ora o di più. Il paziente appare irrequieto, angosciato, si stringe il petto, si lamenta, ha affanno, respiro corto. Nausea, vomito, senso di ripienezza di stomaco possono essere presenti, talvolta possono essere tali da indurre erroneamente a considerare la presenza di patologie dell’apparato digerente.
Di solito nelle prime 24-48 ore si ha febbre. Generalmente vi è un abbassamento della pressione arteriosa (polso debole), all’inizio però si può avere un breve incremento. Raramente si ha sincope, cioè il paziente sviene ed ha transitoria perdita di coscienza. Di solito vi è un incremento della frequenza del polso (100 o più battiti), tuttavia il polso può avere frequenza normale o anche relativamente bassa. Il ritmo è più spesso normale, frequentemente si possono avere extrasistoli, avvertite al polso come interruzioni del ritmo, seguite da un battito più forte. In caso di ipotensione significativa il paziente, pur avendo dolore, si lamenta e muove poco, è pallido, leggermente cianotiche (colorito bluastro) appaiono labbra e unghie, sudore freddo copre mani, piedi, naso. In caso di significativa difficoltà respiratoria il respiro è faticoso, il paziente spesso riferisce il dolore come senso di soffocamento, può tossire e la cianosi è franca.
In antitesi si stima che circa il 20% degli IMA sia:

  • silente, cioè non sintomatico;
  • poco sintomatico o con sintomatologia vaga.

Solitamente questo accade più spesso nelle donne, nei diabetici, negli anziani.

Diagnosi

  • valutazione clinica;
  • ECG: indagine fondamentale nel sospetto di IMA. Sul rilievo ECG si distingue  un IMA con sopraslivellamento del segmento ST (STEMI) e un IMA senza sopraslivellamento del segmento ST (NSTEMI).
    Lo STEMI è transmurale (Fig.1), è la condizione più severa, nella grande maggioranza dei casi dovuta a trombosi arteriosa coronarica. Lo NSTEMI è subendocardico (Fig.1), è condizione meno severa nel tempo immediato, ma può esserlo a distanza, più spesso dovuto ad una acuta insufficienza di sangue e di ossigeno in soggetti con importante sclerosi coronarica stenosante multivasale;
  • marcatori (marker) cardiaci: nel sangue compaiono in tempi differenti e si abbassano a velocità diverse,
    più sensibili e specifiche le troponine, ormai di scelta;
  • coronarografia;
  • ecocardiografia.

Trattamento

  • preospedaliero: aspirina (una sua assunzione immediata migliora significativamente la prognosi), ossigeno, controllo del dolore (nitrati e/o oppioidi);
  • ospedaliero: in caso di STEMI subito riperfusione (ripristino dell’afflusso di sangue nella zona compromessa al fine di non ampliare il danno e recuperare le parti del miocardio non in necrosi) con terapia fibrinolitica o PTCA, stent.
    In caso di NSTEMI terapia medica, se non si ha una adeguata risposta in tempi brevi coronarografia ed eventuale angioplastica, stent.

Prognosi
L’IMA è malattia grave. La mortalità è stimata prossima al 30%. Diversi muoiono prima di giungere in ospedale tipicamente per fibrillazione ventricolare, aritmia scoordinata e assolutamente inefficace. La mortalità intraospedaliera si attesta intorno al 7-10% ed è tipicamente dovuta a shock. La mortalità tardiva, cioè quella dei pazienti dimessi, si stima intorno all’8%, si ha per lo più nei 12 mesi che seguono l’IMA, in particolare nei primi mesi. La guarigione comporta la formazione di un’area cicatriziale che è inefficace dal punto di vista funzionale. Maggiore è l’estensione della cicatrice, maggiore è l’invalidità del paziente e peggiore la prognosi nel tempo.

Prevenzione e considerazioni
L’aterosclerosi costituisce causa significativa e prevalente di angina e IMA, così è anche per l’ictus (vedi: Ictus). Nell’indurre aterosclerosi l’ipercolesterolemia è uno dei fattori di rischio primario. Si discute quali siano i valori della colesterolemia idonei per contenerlo, sicuramente è opportuno che il colesterolo totale
non superi i 200mg/dl, la frazione LDL i 100-115 mg/dl e quella HDL non sia inferiore a 40-50 mg/dl.
Hanno senso controlli periodici del profilo lipidico:

  • dopo i 40 anni di età nell’uomo e i 50 anni nella donna;
  • in caso di diabete;
  • in caso di ipercolesterolemia familiare;
  • in caso di familiarità di patologie cardio e/o cerebro vascolari precoci;
  • nei soggetti ipertesi;
  • nei soggetti affetti da malattie croniche infiammatorie.

Altro fattore di rischio primario è l’ipertensione, lo aumenta in entrambi i sessi, indipendentemente dall’età. L’incremento della pressione sistolica (valore maggiore) sembra essere più importante di quella diastolica (valore minore). L’ipertensione agisce in senso pro-aterogeno realizzando un’infiammazione della parete vasale mediata dall’Angiotensina II.

Il diabete è altro fattore di rischio primario, esso agisce in senso pro-aterogeno promuovendo l’infiammazione  della parete vasale a mezzo delle citochine, inoltre induce ossidazione e formazioni di radicali reattivi dell’ossigeno.
Altro fattore di rischio primario è l’abitudine al fumo di tabacco. Il fumo, compreso quello passivo, aumenta la viscosità del sangue (maggiore ematocrito, maggiore fibrinogeno, maggiore adesività piastrinica), aumenta inoltre le LDL e riduce le HDL, oltre a favorire il vasospasmo.
Sono fattori di rischio secondari l’obesità e la scarsa attività fisica. La frequente coesistenza di altri fattori di rischio (ipertensione, ipercolesterolemia, diabete) rende difficile identificare l’obesità come fattore di rischio indipendente. L’attività fisica, anche modesta, ma regolare aumenta le HDL, diminuisce la viscosità ematica, controlla il peso, migliora il senso di benessere.
Altro fattore di rischio è un’assunzione non oculata di alcol. Una sua giusta assunzione, infatti, è sostanzialmentepositiva perché aumenta le HDL, ha proprietà antitrombotiche, antiossidanti, forse antinfiammatorie, promuove la longevità, previene la demenza. Il problema è la possibilità di alcolismo e delle sue ben gravi e mortali conseguenze (vedi: Alcolismo). È meglio che chi non abbia mai assunto alcol non lo inizi a fare per i suoi benefici.

Chi ha una storia di patologia cardiovascolare dovrà senza eccezioni seguire le indicazioni mediche e la terapia prescritta. Ricordo che i viaggi aerei possono causare ipossia abbassando la saturazione di ossigeno del sangue anche del 3-4%. È opportuno evitare o adottare precauzioni in particolare in caso di viaggi in alta quota (sopra i 2438m) e di durata superiore alle 3 ore.

Numerosi rilievi ci dicono che la personalità a maggior rischio cardiovascolare è caratterizzata da elementi caratteriali quali fretta, impazienza, forte competitività e una certa abituale ostilità verso l’ambiente sociale, lavorativo e anche familiare. Che il cuore senta gli eventi della vita, le loro emozioni positive o negative che siano, è un dato di fatto, come la sindrome di Takotsubo dimostra. Il cuore è presenza costante nelle arti, nella letteratura, nel comune sentire e comunicare, oggi come ieri. Perché? Infondo è soltanto un muscolo, ma è il muscolo che, laborioso e instancabile, ci consente di esistere più di ogni altro.
Percepisce e vive le nostre emozioni come probabilmente nessun’altro organo periferico. Avere cura di lui significa alla fine avere cura di noi.

3 aprile 2024